di Mario D’Ambrosio
Il Mutismo Selettivo (MS) è un disturbo per il quale alcuni bambini presentano un’incapacità patologica di parlare in situazioni dove ciò è normalmente richiesto (per es., a scuola, con parenti, col pediatra, ecc.), pur essendo capaci di parlare in altre (per es, con i famigliari stretti). Solo recentemente il MS è stato riconosciuto dai sistemi di classificazione internazionali come un vero e proprio disturbo d’ansia. Poiché i segni del disturbo sono pervasivi soprattutto in ambiente scolastico, può accadere che siano proprio gli insegnati i primi a cogliere le condotte mutaciche che possono portare alla diagnosi di mutismo selettivo. Una segnalazione precoce può determinare una serie di effetti positivi per la qualità della vita del bambino con MS e per la vita sociale in classe. Una segnalazione puntuale avrà inoltre effetti sull’efficacia e l’efficienza di una eventuale terapia. Tuttavia, molti insegnanti si interrogano su come interpretare un sospetto comportamento mutacico di un loro alunno, quando esso potrebbe essere o semplice timidezza o un possibile caso di mutismo selettivo. Il percorso che segue potrà aiutare il docente nello screening dei minori maggiormente a rischio di MS e avviare le migliori procedure per l’aiuto del caso.
Passo 1 – Individuare gli alunni a rischio di mutismo selettivo
Risponda prima di tutto alla domanda n 1
- I genitori riferiscono che a casa parla (o parlava) a voce alta con almeno un familiare vero falso
Ora risponda a queste altre domande indicando se il suo alunno è capace di parlare a voce alta in queste situazioni. La risposta “Sì” va data anche se l’abilità è stata manifestata solo qualche volta. Inoltre, alle domande con l’asterisco*, si risponde “Sì” anche quando l’abilità è presente esclusivamente in assenza di terze persone. Attenzione – ogni item richiede esplicitamente che le parole siano formulate a voce alta e non sussurrate o solo articolate senza voce.
2) L’alunno/a è capace di parlare a voce alta alla maggior parte dei pari a scuola? Sì No
3) L’alunno/a ha uno o più amici/che del cuore con cui riesce a parlare a voce alta? Sì* No*
4) L’alunno/a è capace di risponde a voce alta alle mie domande? Sì* No*
5) L’alunno/a è capace di risponde a voce alta alle domande dei miei colleghi? Sì* No*
6) L’alunno/a è capace di farmi domande o richieste a voce alta? Sì* No*
7) L’alunno/a riesce a fare domande o richieste a voce alta ai miei colleghi? Sì* No*
8) L’alunno/a riesce a fa domande o richieste a voce alta ad altri operatori? Sì* No*
9) L’alunno/a è capace di parlare a voce alta ai pari in piccolo gruppo? Sì No
10) L’alunno/a è capace di parlare a voce alta davanti a tutta la classe? Sì No
Nel caso specifico di risposta “vero” all’item n 1 e un numero di risposte “No” superiore a 3 (di cui almeno due senza asterisco*), potrebbe non essere semplice timidezza, pertanto sarà opportuno suggerire ai genitori un approfondimento diagnostico presso servizi di neuropsichiatria infantile o di psicoterapia, specializzati nella diagnosi e cura del mutismo selettivo.
Altri schemi di risposte che includono “Falso” all’item 1, tendono ad escludere l’ipotesi di mutismo selettivo, tuttavia, sono comunque sufficienti per suggerire un approfondimento specialistico, anche per individuare eventuali disturbi di altra natura.
Passo 2 – l’invio presso servizi specializzati
Come per tantissime altre psicopatologie, sono numerosi e diversi gli approcci psicologici che si propongono nel trattamento del disturbo. Molti genitori, messi di fronte al problema, possono mostrarsi confusi, incerti sul da farsi, disorientati su quali sono i percorsi terapeutici più adatti per approfondire e risolvere il problema. Può capitare quindi che le prime indicazioni vengano proprio dall’insegnante, il quale, se bene informato, può aiutare la famiglia ad indirizzarsi verso scelte terapeutiche basate sulle buone pratiche e convalidate dalla ricerca scientifica. Tradizionalmente le rassegne critiche sul MS attribuiscono una maggiore efficacia alla terapia cognitivo-comportamentale (Anstendig, 1998; Manassis, 2000; Cohan e colleghi, 2006; Muris e Ollendick, 2015) specificamente diretta al trattamento del mutismo selettivo. Ciò non esclude la possibilità che bambini con mutismo selettivo possano beneficiare del lavoro di terapisti e terapeuti formati in altri approcci, soprattutto se si tratta di professionisti di comprovata esperienza e formazione nel trattamento del MS. Tuttavia, i risultati dei programmi di terapia cognitivo-comportamentale sono maggiormente sperimentati e convalidati dalla Evidence-Based Pratice (D’Ambrosio, 2019). La terapia secondo quest’approccio, se l’età e le condizioni del bambino lo suggeriscono, potrà articolarsi con interventi diretti al bambino. In ogni caso, prevederà una parte del lavoro terapeutico da svolgere con i genitori e altrettanto sicuramente prevederà percorsi di collaborazione del terapeuta con l’istituzione scolastica. È in quest’ottica che l’insegnante assume un ruolo cardine. L’esperienza scolastica dei bambini MS è il nucleo principale nello sviluppo e il decorso del disturbo. In genere è a scuola che si evidenziano in via definitiva le condizioni per diagnosticare il MS. Nell’ambiente scolastico si vivono più frequentemente le esperienze nelle quali la richiesta di adattamento a nuove condizioni sociali, supera la soglia di tolleranza dei bambini tendenti al MS, evocando così la tipica risposta mutacica, determinata dal blocco della voce e non certo dal rifiuto di parlare. Allo stesso tempo, è anche a scuola che si possono creare le condizioni per superare il disturbo, aiutando il bambino a strutturare la capacità di parlare sganciandosi dai vincoli di familiarità dell’interlocutore e dalla situazione, attraverso programmi di esposizione progressiva e graduale agli stimoli sociali.
L’ambiente scolastico è per i bambini un contesto complesso, con forti stimoli, dentro il quale si presentano con bisogni personali e che, dall’altro lato, richiede loro di socializzare e apprendere. L’azione degli insegnanti, per armonizzare i bisogni dei bambini MS e le richieste a loro dirette, sarà quindi preziosa, unica, inalienabile in quanto sono loro i nuovi adulti significativi che entreranno nella sfera di contatto dei bambini MS, nonché i facilitatori dei nuovi rapporti sociali altrettanto significativi che i piccoli stabiliranno con i pari. Buona parte dei programmi comportamentali basati sull’esposizione progressiva (D’Ambrosio, 2019), hanno attuazione in collaborazione con personale scolastico e in ambiente scolastico. Essi si nutrono della rete sociale tessuta intorno alla scuola (per es. ricevere e scambiare visite con i compagni di classe, con la collaborazione di altri genitori). Senza entrare nei dettagli di programmi (Iacchia e Ancarani, 2018) per i quali ci si raccorderà direttamente col terapeuta che ha in carico il caso, si discuterà qui degli aspetti più generali del MS in classe e delle regole di massima entro le quali è opportuno muoversi.
Passo 3 – Percorsi educativi speciali per alunni con mutismo selettivo
La prima questione che si pone è avere consapevolezza di quanto i bisogni educativi del MS siano speciali. La riduzione dell’interazione sociale e del benessere a scuola, l’interferenza data dallo stato di inibizione e dall’ansia, costituiscono presupposti sufficienti per considerare i bambini MS rientranti tra coloro per i quali è opportuna e necessaria l’adozione di percorsi scolastici speciali e particolari strategie didattiche. Per le leggi vigenti in Italia, le misure per favorire l’integrazione e il benessere a scuola sono regolate in virtù della gravità del caso e da eventuali disturbi del neurosviluppo presenti in concomitanza del MS, per cui possono essere riconosciuti condizioni di disabilità vera e propria con tanto di insegnamento di sostegno e Piano Educativo Individualizzato (legge 104/1992) per i casi più complessi e meno frequenti. In alternativa e più comunemente – in genere nelle condizioni più pure di MS – il Consiglio di classe può approvare Piani Didattici Personalizzati orientandosi secondo criteri di efficacia e opportunità, al di là della stretta diagnosi clinica (Direttiva Ministeriale del 27/12/2012). In ogni caso, alla base dell’agire efficace ci sarà la collaborazione tra famiglia, psicologo e ente scolastico, la condivisione delle corrette informazioni sul disturbo e sul caso specifico, nonché la condivisione degli obiettivi ottenibili a scuola. Sapere che il bambino o la bambina non “si rifiuta di parlare” ma semplicemente non è capace di farlo in quel contesto, o anche sapere che il mutismo in genere non è indotto da particolari “colpe” o “errori” dei genitori è un passaggio importante dell’insegnante per predisporre un ambiente scolastico maggiormente accogliente e facilitante per l’inserimento del bambino a scuola, prima delle sue stesse parole. Queste conoscenze di base sul MS, aiutano a sviluppare un clima di più ampia e schietta collaborazione con la famiglia. Inoltre, l’insegnante ben informato sul MS può addirittura essere il primo rilevatore del problema, quando il disturbo non è stato ancora intercettato dall’attenzione parentale.
Passo 4 – La vita in classe: piccoli adattamenti e semplici regole
In generale, per permettere ai bambini MS una più tranquilla e produttiva presenza in classe sarà opportuno attenersi a delle semplici regole.
Partecipazione – I bambini che vivono una semplice condizione di MS senza comorbilità, sono bambini che potenzialmente, in condizioni di minore inibizione e ansia, possono capire e fare cose come tutti gli altri bambini. La limitazione alla partecipazione è data dall’inibizione e dall’ansia per cui soluzioni, strategie e a volte semplici espedienti adatti al superamento dell’inibizione, possono facilitare la partecipazione alle attività di classe. Quindi la questione che si pone rispetto al singolo caso, più di – cosa può fare? – a parte il parlare, è certamente – come può fare? – con le opportune strategie.
Comunicazione non verbale – Se un bambino non parla non vuol dire che non comunichi o che ne manchi l’intenzione. L’attenzione degli adulti e dei pari al parlare, le richieste esplicite di comunicazione verbale, creano ulteriore ansia e inibizione. Il suggerimento, l’accettazione e la valorizzazione della comunicazione non verbale, possono compensare il gap comunicativo del mutismo e aumentare il senso di controllo e sicurezza situazionale del bambino. Si accetta quindi come risposta al classico appello la sola alzata di mano, o il cenno del capo, o un sorriso o il solo contatto oculare. Si ricorrerà al sì o no col movimento del capo per avere risposte a richieste semplici e si risponderà positivamente all’alzata di mano, al tocco sulla spalla o sul braccio dell’insegnante per averne l’attenzione, così come a tutte le altre attività non verbali che esprimono un’iniziativa comunicativa del bambino o della bambina MS.
Comunicazione codificata – Compatibilmente con l’età, gli apprendimenti, le capacità del bambino e le sue attitudini, si permetterà, si incoraggerà e si concorderà il ricorso a comunicazioni scritte o mediate dall’uso di immagini e disegni o anche da rappresentazioni mimate, per esprimere i propri bisogni, idee o altre intenzioni comunicative. L’uso di filmati e messaggi vocali sono delle opportunità molto più recenti date dalle tecnologie diffuse ma che rapidamente si stanno affermando nella pratica clinica/educativa dei bambini MS. Ricorrere a queste tecnologie per ottenere comunicazioni del bambino (per es. saluti inviati da casa prima di uscire, letture registrate, richieste e risposte registrate a domande), sta dando la possibilità a molti bambini, di far sentire la propria voce agli insegnanti ed eventualmente ai compagni, prima di riuscire a parlare direttamente in classe.
Prossemica – La gestione degli spazi e posizioni in classe va affrontata tenendo conto delle particolari esigenze del bambino MS. Possiamo semplificare in pochi punti le indicazioni di massima. In genere può essere preferita una collocazione che dà al bambino con MS il maggior controllo visivo degli altri, un po’ lontano dalla postazione degli insegnanti, i quali dovranno dare comunque frequentemente segni di attenzione. Comunemente, è preferita una certa distanza anche dalla porta. Sarà opportuno affiancare il piccolo con bambini dei quali si conosce il gradimento, con i quali abbia maggiore familiarità. Ciò può far stare il bambino con MS maggiormente a proprio agio, ma può anche favorire delle comunicazioni verbali spontanee in aula (se il compagno di banco è già tra i suoi interlocutori verbali), almeno nell’ambito di esperienze più riservate. In tal caso si favorisce anche l’eventuale intermediazione comunicativa. Può succedere che un compagno di banco “presti” la propria voce al bambino MS ripetendo a voce alta ciò che l’amico gli sussurra all’orecchio a favore degli insegnanti e degli altri compagni. Il lavoro in piccolo gruppo inoltre è in sé una chiara opportunità, poiché dà la facoltà di aggregare i compagni con i quali il piccolo ha maggiore familiarità, regolando anche la numerosità, in funzione degli obiettivi che si concorderanno volta per volta con genitori e psicologo. Nell’interazione diretta insegnante-bambino, saranno privilegiate posizioni che riducono la percezione di controllo e di richiesta, per es, sedersi accanto al bambino è preferibile alla seduta frontale più “controllante”, abbassarsi per raccogliere un sussurro all’orecchio è preferibile alla richiesta diretta di alzare la voce.
Valutazione degli apprendimenti – Va da sé che i bambini MS, non potendo rispondere a domande e a interrogazioni, né tanto meno leggere a voce alta in classe, non possono esser valutati nei loro apprendimenti nelle modalità più comunemente usate per i loro coetanei. Si farà quindi ricorso più frequentemente a valutazioni scritte, questionari e interrogazioni che prevedono modalità di risposte non verbali. Si considererà anche l’opportunità di ricorrere a delle registrazioni vocali o a delle videoregistrazioni (per es. per valutarne la lettura).
Criticità – L’inibizione, l’ansia e il mutismo rispondono alla percezione di non familiarità e di sfida ambientale, alla pressione sociale, per cui può essere ulteriormente controproducente forzare i bambini MS a parlare o il cercare a tutti i costi l’interazione, imponendo il contatto oculare. Peggio ancora sarà sgridarli o punirli per il fatto di non parlare. Bisogna anche stare attenti a non ignorare un bambino il quale, se non monitorato e accudito adeguatamente, potrà essere esposto a momenti di disagio anche intensi e frequenti. La difficoltà di gestione di bisogni semplici come l’andare in bagno, mangiare, dissetarsi, il sottrarsi ai comportamenti molesti dei pari, può trasformarsi in una vera e propria sofferenza o dare il via a esperienze ulteriormente penalizzanti dal punto di vista sociale (per es. un episodio enuretico in classe). Infine, la stessa emissione di parole sonore occasionalmente prodotte, possono diventare un momento critico se accolte da eccessivo entusiasmo e attenzione sociale enfatizzata.
Conclusioni
Queste note sintetiche sono state scritte per sostenere gli insegnanti nell’obiettivo di svolgere al meglio il proprio lavoro, nel caso abbiano alunni con MS sospetto o conclamato. È un aiuto mirato a facilitare soprattutto i primi passi, a partire dall’individuazione dei bambini a rischio, nella segnalazione del caso e nel muovere i primi adattamenti del percorso educativo. Va da sé che ogni suggerimento proposto è da considerarsi di massima, non sostituisce il lavoro che successivamente sarà necessario affrontare in collaborazione con la famiglia e il terapeuta. Gli ulteriori approfondimenti teorici e pratici saranno quindi necessari per conoscere e gestire meglio il mutismo selettivo. La maggiore formazione e il progredire dell’esperienza con l’alunno/a in questione, faranno sì che il lavoro dell’insegnante trovi delle soluzioni specifiche per il singolo caso. L’entrare in contatto con l’associazionismo sviluppato intorno al mutismo selettivo (per es. Associazione Italiana Mutismo Selettivo – A.I.Mu.Se.) darà modo all’educatore di conoscere meglio questo mondo, di trovare una rete di sostegno per il proprio lavoro e di inserirsi in un contesto di condivisione e di impegno per il superamento dei limiti dati dal MS.
Bibliografia
Anstendig K. (1998). Selective mutism: A review of the treatment literature by modality from 1980-1996. Psychotherapy: Theory, Research, Practice, Training, 35: 381-391.
Cohan S.L., Chavira D.A., Stein M.B. (2006). Practitioner review: Psychosocial interventions for children with selective mutism: A critical evaluation of the literature from 1990-2005. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 47: 1085-1097.
D’Ambrosio M. (2019). FIAT VOX. Psicoterapia, psicodiagnostica e psicotecnologia del mutismo selettivo. Franco Angeli, Milano.
Iacchia E., Ancarani P. (2018). Momentaneamente silenziosi. Franco Angeli, Milano.
Manassis K. (2000). Childhood Anxiety Disorders: Lessons From the Literature. Canadian Journal of Psychiatry, 45: 724-730.
Muris P., Ollendick T.H. (2015). Children Who are Anxious in Silence: A Review on Selective Mutism, the New Anxiety Disorder in DSM-5. Clinical Child and Family Psychology Review, 18: 151-169.
Per saperne di più
Mario D’Ambrosio è Psicologo e Psicoterapeuta. Vive e lavora a Napoli. È autore di diversi libri, di cui uno specificamente dedicato al mutismo selettivo – FIAT VOX. Psicoterapia, psicodiagnostica e psicotecnologia del mutismo selettivo (Franco Angeli 2019) -, e di numerosi articoli scientifici e ricerche presentate in convegni e congressi nazionali ed internazionali. Nell’ambito del programma ECM del Ministero della Salute, è stato docente e responsabile scientifico di circa 100 eventi formativi diretti a Psicologi, Medici, Logopedisti, TNPEE e altre professioni della sanità.
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